venerdì 1 febbraio 2013

Terracini sui tagli in tempo di crisi

Umberto Terracini (1895-1983), è stato uno dei protagonisti della scissione di Livorno del 1921 dalla quale nacque il Pci, partito nel quale ha militato tutta la vita; la sua strenua opposizione al fascismo gli è valsa diciassette anni di prigionia, trascorsi tra carcere e confino; la sua firma compare in calce alla Costituzione della repubblica italiana (è stato infatti presidente dell’Assemblea costituente dal febbraio del 1947 fino alla conclusione dei suoi lavori).
I brani che seguono sono tratti da una lettera che Terracini invia alla fine del 1976 – periodo caratterizzato da una grave crisi economica molto simile all’attuale, nel quale la sinistra è impegnata in un duro dibattito interno su come debbano essere ripartiti i costi sociali della recessione – all’amico Leo Valiani (1909-1999, comunista in gioventù, poi azionista e all’epoca vicino al Pri), il quale, in una precedente missiva, lo aveva criticato per i suoi attacchi rivolti a Giorgio Amendola, sostenitore della politica dei “sacrifici senza contropartite” di cui la classe operaia avrebbe a suo dire dovuto farsi carico per far uscire il paese dalla spirale recessiva:

“Per me il problema – argomenta Umberto – è di non svuotare di ogni suo ultimo contenuto di classe il partito e la sua azione, il che non significa che esso non debba assumere posizioni adeguate alla situazione economica, adottando anche misure che sono tipiche del sistema visto che poi in definitiva nel sistema ci siamo. […] Sono ben consapevole che dalla crisi si può uscire, e con difficoltà, solo facendo pagare il prezzo alle grandi masse lavoratrici [il corsivo è mio]. È sempre stato così da quando l’economia imperante è la capitalistica. Ma una cosa è il riconoscere le leggi del sistema e capacitarsi che non è ancora possibile infischiarsene; altra cosa è farsene i banditori. Per il partito il compito dovrebbe essere quello di limitare al massimo il prezzo che devono pagare i lavoratori, che è da sempre la politica che hanno condotto, più o meno bene, i partiti dei lavoratori. Anche il Partito socialista ai suoi tempi lontani”.

Ciascuno valuti il livello di modernità di queste parole.

3 commenti:

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  2. Si scrivevano spesso Terracini e Valiani? C'è stata una risposta di Valiani alla lettera proprio sul tema dei sacrifici? La scelta dell'austerità da parte del Pci non è successiva?

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    1. Stando al materiale documentario conservato presso l'Archivio Terracini di Acqui Terme e il Fondo Valiani della Fondazione Feltrinelli di Milano, quello che ho citato senbrerebbe essere l’unico scambio epistolare politicamente significativo tra i due. Sarebbe stato sicuramente molto interessante poter leggere un'eventuale ulteriore risposta di Valiani ad Umberto.
      La linea dell’austerità adottata dal Pci è di poco successiva (1977, mentre la lettera citata è del dicembre 1976); nel 1978 verrà poi la svolta dell’Eur della Cgil.
      Le posizioni di Amendola che Terracini critica possono essere viste come una sorta di premessa teorica a quella linea politica. Ecco cosa scrive Amendola a proposito della questione dei “sacrifici senza contropartite”:
      “la contropartita non è qualcosa che altri dovrebbero concedere […] ma il raggiungimento di obiettivi che prima di tutto interessano i lavoratori: la salvezza del paese e la continuazione del suo progresso […] di sacrifici cioè compiuti dai lavoratori per i lavoratori, per la nazione, di cui la classe operaia è, ormai, forza dirigente” (G. Amendola, Coerenza e severità, «Politica ed economia», n. 4, 1976).

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