domenica 24 febbraio 2013

Ciò che resta dell'intellettuale

David Bidussa recensisce Rino Genovese, Il destino dell'intellettuale, Manifestolibri, Roma 2013

...Consumata la stagione dell'intellettuale che si fa militante, finita la fase dell'intellettuale fiancheggiatore, si ripropone la questione della funzione dell'intellettuale. Intellettuale è colui che è in grado di porre domande non solo scomode "a chiunque", ma prima di tutto alla sua parte, alla parte a cui sente di appartenere e con cui consuma un disagio. E' questo un intellettuale che nel corso del Novecento non ha avuto molto spazio, ma che ha avuto una funzione che oggi ci manca. E' quella figura che in parte è rappresentata dal radicalismo culturale degli anni Dieci e Venti [e] da figure di "irriducibili" come Bertrand Russell, Victor Serge, Hannah Arendt, Leonardo Sciascia. Una dimensione in cui è fondamentale la capacità di essere in solitudine, che si origina non dalla "ortodossia" ma dalla delusione senza, peraltro, cedere al pessimismo. Una condizione che Camus ha perfettamente descritto nel suo Il mito di Sisifo, e dove la propria funzione pubblica è pensata in termini di proposta del dubbio, più che di ricerca del consenso o della claque.

Il Sole 24 ore, 24 febbraio 2013, p. 26.

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