sabato 1 giugno 2013

I fumetti in Italia dagli anni Trenta a oggi

Maurizio Stefanini
La chiusura di Linus
Il Foglio quotidiano, 31 maggio 2013


C’erano una volta in Italia i duelli sportivi Guerra-Binda, Coppi-Bartali, Rivera-Mazzola. Ci furono agli albori della tv privata i grandi duelli Dallas-Dynasty e Uccelli di rovo-Venti di guerra, in cui la vittoria delle soap di Canale 5 portò anche Rete 4 sotto il controllo di Berlusconi. E ci fu anche, nel mondo dei fumetti, il grande duello Linus-Eureka. Linus, dal nome del personaggio di Charlie Brown con la coperta e il dito in bocca, era stata creata nel 1965 da Giovanni Gandini e Oreste del Buono: una rivista per presentare per la prima volta in Italia in modo organico il fumetto come prodotto per adulti. E così erano arrivate da noi anche alcune delle strisce comiche Usa di maggior successo – Peanuts, B.C., Wizard of Id, Beetle Bailey -, le serie americane di satira politico sociale - Li’l Abner, Pogo e le tavole di Feiffer – e le grandi serie avventurose come Jeff Hawke e Dick Tracy. Ultimo arrivò anche il lancio di un grande personaggio italiano come Valentina di Crepax, seguita nel tempo da altri autori italiani come Altan, Lunari, Callegaro e Staino.
Su Linus avevano fatto il loro esordio italiano anche i supereroi della Marvel, con un paio di episodi dei Fantastici Quattro. Ma a lanciare più organicamente il complesso universo Marvel sarebbe stata poi la Editoriale Corno, che aveva già risposto al successo di Diabolik con i “cloni” Kriminal e Satanik, oltre a pubblicare l’allora diffusissimo Guerra d’Eroi ed a lanciare Alan Ford. Proprio l’inventore di Alan Ford Luciano Secchi, noto con lo pseudonimo di Max Bunker e vero cervello della casa di Andrea Corno, ebbe l’idea di rispondere a Linus con Eureka, nata nel 1967. A sua volta un “clone”, ma capace di far conoscere in Italia altre strisce classiche del fumetto anglo-sassone: da Andy Capp a Tommy Wack, Colt, Alley Oop, oltre a riproporre lo storico Arcibaldo e Petronilla, e a pubblicare le storie di Don Martin e la saga di Spirit di Eisner. Sarebbe stata proprio Eureka a suggerire l’idea di un duello con Linus: tra l’altro, ribattezzando la traduzione di Howard the Duck con un “Orestolo il Papero” che alludeva scherzosamente a Del Buono. Ma nel 1984 l’Editoriale Corno chiuse, decretando così anche la fine di Eureka, pur impegnata in un tentativo di rilancio sotto la direzione di Alfredo Castelli e Silver: rispettivamente, i creatori di Martin Mystère e di Lupo Alberto. A parte i prodotti Marvel, dopo un po’ ripresi dalla Star Comics e oggi gestiti direttamente da una Marvel Italia, sarebbe sopravvissuto solo Alan Ford, ora della Max Bunker Press, che saltuariamente continua a far uscire Eureka con qualche numero speciale.
Alla fine ne rimase solo uno, e la notizia ora è che anche Linus chiude. La Baldini e Castoldi parla di sosta temporanea “per una serie di problemi gravi e di complicata soluzione, riguardanti stampa e logistica e conseguenti a un difficile momento della società editrice”, e rassicura sulla “volontà” di “proseguire la pubblicazione”: si dice già da luglio, e “permettendo agli abbonati di recuperare i numeri persi”. Ma il tono sulla stampa e tra i fumettari ha un tibro funebre. “Senza Linus tutti perdiamo qualcosa”, “L’ultima battuta di Linus”, “Un mondo senza Linus?”. Eccetera. Tutto ciò proprio nel momento in cui Topolino ha appena festeggiato il numero 3000 e la Sergio Bonelli Editori annuncia l’uscita del suo nuovo personaggio, il fantasy Dragonero. Anche nel mondo dei fumetti, dunque, la crisi sembra agire con furia selezionatrice forse più ancora darwiniana che schumpeteriana. Peraltro la Bonelli continua a gestire due personaggi record di durata come Tex e Zagor, in edicola rispettivamente dal 1948 e dal 1961, ed a registrare i record di vendita di Dylan Dog. Ma a sua volta per 14 testate che ha in scuderia attualmente, più sei in cantiere, ce ne sono anche ben 28 che ha chiuso nel corso della sua storia. Compresi personaggi passati nella leggenda come il Piccolo Ranger, il Comandante Mark, Ken Parker. Mister No.
D’altra parte proprio Umberto Eco, il semiologo che in Italia ha sdoganato i fumetti presso la cultura alta, nel romanzo “La misteriosa fiamma della regina Loana” fa dei fumetti anni ’30 l’inquietante icona di una memoria perduta il cui recupero può però segnare l’annientamento definitivo dell’io. “Nello stesso istante che seppe, cessò di sapere”. Dai Cino e Franco da una della cui storie è ripreso il titolo, ai vari Gordon, Uomo Mascherato, Mandrake, Valiant. Tutti personaggi che in Italia erano presentati dall’Avventuroso, che sono passati nell’immaginario collettivo, ma che continuano a vivere soprattutto attraverso periodiche ristampe per nostalgici, oltre che nei negozi per collezionisti. A sua volta, in quell’Italia dei primi anni ’60 in cui proprio i libri di Eco creavano l’atmosfera per il lancio di Linus e Eureka stava per concludersi un altro famoso duello, anzi triello, che aveva diviso il mondo dei fumetti per ragazzi all’epoca di Don Camillo e Peppone: quello tra il “liberal-borghese” Corriere dei Piccoli, il cattolico Vittorioso e il comunista Pioniere. Quest’ultimo, lanciato nel 1949 da quell’Associazione Pionieri d’Italia che voleva essere la risposta del Pci ai Boy Scout, diffuso più nelle Case del Popolo che nelle edicole, era sostanzialmente entrato in crisi da quando anche ai suoi autori simbolo come Gianni Rodari era stata data la possibilità di scrivere sul Corriere dei Piccoli. Trasformato nel 1964 in supplemento dell’Unità, avrebbe chiuso definitivamente nel 1967. È lo stesso anno in cui anche il Vittorioso, creato nel 1937 dall’Azione Cattolica, si trasforma in Vitt: a sua volta il Corriere dei Piccoli aveva annesso un suo autore simbolo come Jacovitti, e poi c’era stato l’effetto del Concilio Vaticano II. A sua volta chiuderà nel 1970, lasciando l’esclusiva del fumetto cattolico distribuito in chiesa al Giornalino. Che, peraltro, fondato nel 1924, gode tuttora di discreta salute.
Il clima sessantottino influì anche sul referendum che nel 1969 portò i lettori del Corriere dei Piccoli, creato dal Corriere della Serra nel 1908, a cambiare il nome della testata in Corriere dei Ragazzi: anche se la trasformazione sarebbe avvenuta solo nel 1972, e lasciando un Corriere dei Piccoli effettivamente rivolto a un pubblico di bambini. Dopo aver vinto la sfida con Vittorioso e Pioniere aver sciolto definitivamente uno storico nodo tra mercato infantile e mercato adolescenziale anche il Corriere dei Ragazzi mostrò di soffrire la concorrenza di altre storiche riviste che a loro volta da un mercato adolescenziale si stavano evolvendo verso un pubblico adulto: l’Intrepido, nato nel 1935, e il Monello, del 1933, entrambi dell’editore Del Duca. E’ poi del 1975 Lanciostory, seguito nel 1977 da Skorpio: due riviste che fanno conoscere in Italia il ricco mondo degli autori argentini e latino-americani che in patria erano vittime della censura. Nel 1976 si trasforma dunque in Corrier Boy, e nel 1979 in Corrier Boy Music: sostituendo ai contenuti culturali che in precedenza affiancavano i fumetti lunghi servizi su sport e musica. Appunto, in stile Monello e Intrepido. Ma la mossa è sbagliata. Così infatti perde il pubblico elitario che si era affezionato alla vecchia pubblicazione, senza peraltro intercettare il pubblico di massa di Intrepido e Monello. Corrier Boy Serie Music chiuderà nel 1984, il Corriere dei Piccoli nel 1995, e gran parte degli autori più promettenti del Corriere dei Ragazzi finiranno a fecondare altre esperienze. Castelli, in particolare, diventerà una colonna della Bonelli. Ma anche l’impianto popolare di Intrepido e Monello soffre rispetto alla concorrenza del prodotto di maggior classe di Lanciostory e Skorpio. Il Monello chiuderà infatti nel 1990; l’Intrepido nel 1998.

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