mercoledì 5 giugno 2013

Marina Terragni, Femen

Ho pensato a che cosa farei io se, mentre sto coordinando un convegno o svolgendo una relazione, una Femen salisse sul palco, si sfilasse la maglietta e a seno nudo manifestasse il suo dissenso o qualunque altra cosa. Be’, attenderei che la ragazza terminasse la sua performance di body-politics, ascolterei quello che ha da dire, chiederei al pubblico di fare altrettanto, eventualmente interloquirei con lei.
Nella scena che potete vedere qui, piuttosto impressionante, le cose vanno in un altro modo. Montreal, un paio di giorni fa, convegno di tunisini-canadesi a cui prende parte l’ex primo ministro Hamadi Jebali. Una “sexextremist” di Femen sale sul palco, si denuda e grida “Free Amina” (la Femen e blogger tunisina attualmente detenuta in carcere).
I partecipanti al convegno sembrano impazzire. Urlano, circondano la ragazza, la trascinano a terra, la afferrano per i capelli, le si parano davanti per nascondere l’oscenità al pubblico. Il clima è concitatissimo, qualcuno grida terrorizzato invocando l’intervento della polizia. Come se sul palco ci fosse un attentatore con kalashnikov. Ma lì c’è solo una ragazzina bionda, inerme e incruenta, la sua “arma” è il seno tenero e nudo.
Come mai il seno nudo di una ragazza -tette esplosive?- riesce a spaventare tanti uomini grandi e grossi? Che cosa c’è in quel seno che li mette in pericolo? Come può essere che un manipolo di giovani political body-artist (ne parlavamo l’altro giorno qui) sia in grado di produrre un simile clamore in giro per il mondo? e complimenti per la creatività e l’efficacia!
Il lavoro delle Femen ha una notevole forza simbolica. Un solo elementare gesto -scoprire il seno, riportare alla nuda essenzialità del corpo- e tutto salta per aria. Dal contesto, la verità si travasa istantaneamente in quel seno esposto, e tutto il resto appare come una ridicola finzione. L’unica reazione che gli uomini avrebbero a disposizione -carezzare, toccare, succhiare quel seno- è interdetta, il che evidentemente gli manda il cervello in pappa. Una che espone liberamente il suo seno e dice: non è per voi, è contro di voi, questo seno non vi sarà dato. La rabbia di un desiderio che non può manifestarsi, e diventa istantaneamente paura: sentimenti primordiali e rettili di fronte a un’atavica scena madre (e più madre di così non si può).
Io le trovo fantastiche. A proposito, ieri le Femen hanno elevato il loro grido anche in solidarietà ai manifestanti turchi (eccole qui).

 http://blog.iodonna.it/marina-terragni/2013/06/03/tette-esplosive/

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