mercoledì 3 luglio 2013

L'Egitto nelle mani dell'esercito

Huffington Post Italia

I carri armati hanno circondato l'edificio della tv di Stato egiziana nel distretto di Maspero al Cairo. Sono ore drammatiche in Egitto, man mano che si avvicina la scadenza dell'ultimatum imposto dai militari al presidente egiziano Mohammed Morsi (scadenza prevista per le 16:30 ora italiana). Seguirà un comunicato dell'esercito, che intanto ha già incassato l'appoggio del ministero degli Interni. "La polizia è accanto all'esercito e sostiene la legittimità del popolo", si legge in un comunicato del ministero. Per questo "la polizia proteggerà i manifestanti pacifici e non permetterà a nessuno di ricorrere alla violenza".
Il comandante del Consiglio Supremo delle forze armate (scaf), il generale Abdel Fattah al-Sisi, è in riunione con il leader dell'opposizione egiziana, Mohamed el-Baradei, diversi leader sunniti e copti e vari rappresentati dei partiti islamici, tra i quali il presidente Mohamed Morsi. Lo riferisce una fonte vicino all'esercito.
Migliaia di persone, però, si sono già radunate a piazza Tahrir per chiedere le dimissioni di Morsi, e altre manifestazioni sono in corso ad Alessandria e a Port Said. Nella capitale i sostenitori del presidente si sono dati appuntamento in piazza Rabaa al Adawiya.
Ieri notte negli scontri sono morte 23 persone e oltre 200 sono rimaste ferite. La maggior parte delle vittime si è registrata in un singolo episodio fuori dall'università del Cairo di Giza. Il bilancio è stato fornito da fonti ospedaliere e di sicurezza e porta così a 39 il totale dei morti negli scontri da domenica.
La defenestrazione di Morsi - sostiene il quotidiano Al-Ahram - schiuderà la strada alla tabella di marcia delineata dalle forze armate: un processo di transizione che dovrebbe durare tra i 9 e i 12 mesi e prevede la sospensione della Costituzione e la creazione di un consiglio presidenziale ad interim, composto da tre membri e presieduto dal presidente della Corte Costituzionale, Adli Mansour.
Ieri milioni di persone sono scese in strada per il terzo giorno, riempiendo piazza Tahrir e zone circostanti ai due palazzi presidenziali della capitale, così come piazze di città di tutto il Paese. A scatenare ulteriormente le violenze è stato il discorso tenuto da Morsi nella notte in televisione, in cui ha promesso di non dimettersi e sfidato l'esercito chiedendogli di ritirare l'ultimatum fissato per oggi per trovare un accordo con l'opposizione. Uno degli slogan più scanditi dai suoi oppositori in piazza è stato: "Dimettiti, dimettiti".
Militari pronti al sacrificio. "Giuriamo che sacrificheremo anche il nostro sangue per l'Egitto e la sua gente, per difenderla dai terroristi, dagli estremisti e dai pazzi". È quanto è scritto sulla pagina Facebook del Consiglio Supremo delle Forze Armate egiziane (Scaf) egiziane, guidato dal ministro della Difesa e capo di Stato Maggiore delle Forze Armate, generale Abdel Fattah al-Sisi. Ieri il generale al-Sisi aveva chiesto al presidente Mohamed Morsi di fare un passo indietro dopo giorni di proteste e violenze. Ma Morsi, in un discorso televisivo a poche ore dalla scadenza dell'ultimatum dei militari, ha rivendicato la propria legittimità ed escluso qualsiasi passo indietro.

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