lunedì 19 maggio 2014

Bobbio si misura con Marx

Bruno Gravagnuolo 
Essere marxista secondo Bobbio I testi inediti dello studioso radunati in un volumetto I curatori - Cesare Pianciola e Franco Sbarberi - hanno selezionato dall'archivio scritti tra il 1949 e il 1991 incentrati sul filosofo tedesco
l'Unità, 12 aprile 2014

 Quattrocentotrenta faldoni e quattromila unità archivistiche. E i faldoni numerati hanno un nome ricavato dal posto in cui stavano in origine: «stanza corridoio, stanza laboratorio» etc. Scarne note da catasto, che ci parlano però di qualcosa di vitale. Sono i numeri e i luoghi dell'archivio di Norberto Bobbio, oggi al centro Gobetti, e proveniente da un primo archivio: casa Bobbio in Via Sacchi a Torino (perciò le stanze e i corridoi). Dal coacervo ben ordinato, Cesare Pianciola e Franco Sbarberi hanno tratto per Donzelli un volumetto. Di eminente valore filologico e non solo: Norberto Bobbio, scritti su Marx. Dialettica, stato e società civile (pp.128, Euro, 19,50). Val la pena di possederlo, nonché di leggerlo. Poiché si tratta di testi inediti del filosofo scomparso nel 2004. Conferenze, scalette, appunti per saggi e lezioni, lettere, in un arco di tempo dal 1949 al 1991. Una scelta che tralascia foglietti più minuti e corrispondenza varia. E si concentra su un certo asse strutturato del laboratorio inedito di Bobbio. L'asse si chiama Karl Marx, gioia e tormento del filosofo, che con Marx si misurò tutta la vita, e ancor di più allorché le sue dottrine si inabissarono (dopo il 1989). Proviamo a isolare qualche punto. Bobbio fu socialista liberale ed azionista. Il primo a tradurre in Italia Popper ma anche il primo fin dal 1949 a misurarsi con il giovane Marx e a curarlo per Einaudi. Siamo ben prima del pur grande Della Volpe, che agli «scritti giovanili» si dedicò con dottrina e genio. Quel Della Volpe marxista che con Togliatti fu avversario di Bobbio, sull'autonomia della cultura dalla politica. Tutto questo ritorna nella fucina del libro, e alla radice dei problemi. Marx, scriveva Bobbio, prima di uscire allo scoperto, è dapprima filosofo anti-filosofo dell'«autocoscienza». Che inclina verso il messianismo e il finalismo. E che però in seguito accede a un punto di vista sociologico e critico contro una ben precisa «alienazione»: non più solo hegeliana o speculativa. Alienazione capitalistica e incarnata dalle merci. Ecco il nesso già intravisto da Lukàcs tra umanesimo e critica del capitalismo. Senza finalismo e necessità intrinseca altresì. E senza voler essere scienza esatta o fatalistica, scrive Bobbio. Si gettano così le basi negli inediti di una feconda distinzione: il Marx profetico e il Marx critico. Il Marx quasi scienziato e quello biblico e totalizzante. Tutti temi che torneranno in fine anni 60 nel famoso Da Hobbes a Marx di Bobbio stesso, o nella celebre querelle di Colletti del 1974 sulla pseudo scienza in Marx, viziata appunto dalla «dialettica» (non scientifica, né logica per definizione). Bobbio però, al contrario di Colletti, fin dall'inizio tiene ferme alcune distinzioni. Primo: il finalismo non inficia la critica all'alienazione. Secondo: la dialettica è scienza dell'argomentare in virtù del «principio di non contraddizione». Che funziona bene in Marx nella denuncia dell'alienazione della coscienza, rivelando scarti, conflitti e ineguaglianze in cerca di riscatto. E non funziona però come rovesciamento totalizzante dei conflitti. Dunque, «Né con Marx né contro Marx», per citare il titolo di una raccolta bobbiana curata da Carlo Violi. A conferma di una vocazione critica che vide Bobbio accanto alla sinistra storica. E in perenne funzione di pungolo. Sulla democrazia, sulla libertà, sull'assenza di una teoria dello stato in Marx. Fomite di totalitarismo oltre le intenzioni marxiane. Un tema quest'ultimo, giocato contro Althusser, Guastini e Poulantzas e che divenne cavallo di battaglia della polemica tra comunisti e socialisti di fine anni '70 (Quale socialismo?). Bobbio «revisionista» quindi, ma mai post-azionista velleitario o decisionista. Anzi, difensore di partiti, parlamento e corpi intermedi. Dentro le regole della democrazia. Contro populismo e carismatismo. E con una certa idea di socialismo, vicina a Rosselli e non a La Malfa: il socialismo come «via» alla libertà della persona. Come mezzo e non «fine» chiuso. Insomma, socialismo non «liberal», né posticcio «liberismo sociale». E con chiara distinzione destra/sinistra. Idea ben compendiata dalla citazione di Jon Elster, apposta nel 1997 da Bobbio alla prefazione della raccolta di Violi: «Non è possibile essere marxisti nel senso tradizionale... io credo sia possibile essere marxisti in un senso differente del termine... la critica dell'alienazione e dello sfruttamento rimane centrale».

Nadia Urbinati
 Dall’antifascismo militante al movimento studentesco Negli inediti dello storico e filosofo italiano le fasi di un lungo studio Bobbio-Marx tre incontri cruciali
(Scritti su Marx, Norberto Bobbio, Donzelli, pagg. 132, euro 19,50)
la Repubblica, 18 maggio 2014

CHI «entra nel labirinto dell’opera di Bobbio si accorge presto che Marx non è indicato tra gli autori prediletti», eppure egli è sempre stato “affascinato” dal suo pensiero politico e filosofico. Così Cesare Pianciola e Franco Sbarberi introducono questa antologia di scritti inediti di Norberto Bobbio. I suoi “incontri” con Marx hanno coinciso con momenti cruciali della storia nazionale, a dimostrazione del fatto che le idee di Marx non hanno solo suggerito interpretazioni della società, ma ispirato l’azione politica  stessa, di movimenti e partiti.
Tre sono stati i “momenti cruciali” dell’incontro: “l’antifascismo militante” (1941-42), i “problemi della ricostruzione” (1945-50) e il movimento di contestazione degli anni ’60 e ’70. Tre momenti e tre piani di discussione su Marx: la sua filosofia della storia e quindi la via al socialismo; la sua scienza della società e quindi la totalità della dialettica; la sua visione politica e quindi il ruolo dello stato. Questi testi inediti testimoniano le tappe di questa ricerca e ci consegnano un Bobbio che legge Marx in chiave liberalsocialista centrata sul primato del potere economico, la diagnosi critica della riduzione del lavoro a merce, e la ricerca di una società nella quale l’individuo dovrebbe godere della libertà che il liberalismo ha promesso senza riuscire a garantire.
Emerge anche come Bobbio abbia riconosciuto il valore originario del movimento studentesco. È noto come avesse a più riprese criticato la democrazia assemblearistica e leaderistica del movimento. Ora, i curatori ci consegnano un Bobbio per nulla professorone pieno di certezze su quel che era vivo e morto della sinistra, ma al contrario un contestatore al pari degli studenti che lo contestavano quando si trattava di chiedere (come si legge in una lettera inedita a Pietro Nenni del dicembre 1967) “una maggiore moralizzazione della vita universitaria” o di criticare i colleghi che avevano “rivendicato il diritto di essere contemporaneamente deputati e professori”.
Andare contro corrente è stato uno stile del pensare critico di Bobbio. Come Politica e cultura (1955) maturò nel corso del dialogo con il marxismo e i comunisti nell’età della guerra fredda, Il futuro della democrazia (1984) è stata l’esito delle riflessioni su marxismo e democrazia sollevate dal movimento di contestazione; di qui la sua diagnosi dei tre maggiori problemi della democrazia rappresentativa: la “partecipazione distorta”, il “controllo inefficace” e il “dissenso limitato”. Problemi che sono ancora qui, aggravati, e che il professore ci aiuta a riesaminare. I problemi sono seri e enormi, scriveva, e “ogni forma di semplificazione” o di “ricerca delle scorciatoie” è “perfettamente inutile e imprudente”.

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