martedì 25 novembre 2014

Il nipote di Rameau, in tutto il suo cinico splendore

Denis Diderot 
Le neveu de Rameau
1762-73

Inedita durante la vita di Diderot, mai ricordata dai contemporanei, edita prima in traduzione tedesca che in francese, questa divenne la più nota tra le molte opere di Diderot.  Fu ritrovata da Schiller, utilizzata da Goethe.  Nella Fenomenologia, Hegel fece del Nipote la figura stessa della coscienza infelice, dilaniata e scissa in differenze, opposizioni, conflitti. 
 (Paolo Rossi
Denis Diderot e il cattivo nipote dei Lumi
Il Sole 24ore, 14 luglio 2002)




... c’est en réalité au beau milieu de la philosophie qu’éclate cette bombe dont on sait, aujourd’hui seulement, évaluer les dégâts. Par cette opération, Diderot ne se contente pas de rompre avec la métaphysique de l’âge classique, il rend son œuvre impropre à toute utilisation positiviste et, même, il détonne dans son siècle. Rongeant l’idée de progrès au moment où elle s’expose dans la gloire de son commencement, il n’est pas plus le collègue de Condorcet que le fourrier de la dialectique, car, à travers le Neveu, il démoralise la croyance à la perfectibilité, à l’accumulation des connaissances et des inventions, à la marche vers l’égalité, à l’avènement du bonheur des peuples (Elisabeth de Fontenay, Diderot et le matérialisme enchanté, Grasset 1981, p. 211).

...   Un pomeriggio mi trovavo là, tutto intento a guardare, parlando
poco e ascoltando il meno possibile, quando mi si avvicinò uno dei
personaggi più bizzarri di questo paese al quale Iddio non ne ha
fatti mancare. E' un insieme di nobiltà d'animo e di bassezza, di
buon senso e di follia: le nozioni di ciò che è onesto e di ciò che è
disonesto devono essere assai stranamente mescolate nella sua
testa, perché egli mostra senza ostentazione quel tanto di buone
qualità che la natura gli ha dato, e le cattive senza pudore. Inoltre,
è dotato di una costituzione robusta, di un calore di immaginazione
singolare, e di una forza di polmoni poco comune. Se vi capiterà di
incontrarlo, vi metterete le dita nelle orecchie, o fuggirete, a meno
che la sua originalità non vi trattenga. Dio, che terribili polmoni!
Nulla di più dissimile da lui di lui stesso. Talvolta è magro e scavato
come un malato all'ultimo stato di consunzione: gli si potrebbero
contare i denti attraverso le guance, si direbbe che abbia passato
molti giorni senza mangiare, o che esca dalla Trappa. Il mese dopo,
è grasso e ben pasciuto come se non si fosse mai alzato dalla tavola
di un finanziere, o fosse stato rinchiuso in un convento di
Bernardini.
Oggi con la camicia sporca, i pantaloni strappati, tutto lacero,
semiscalzo, se ne va a testa bassa, sfugge, e si sarebbe tentati di
chiamarlo per dargli l'elemosina. Domani, incipriato, ben calzato,
elegante, cammina a testa alta, si fa notare, e lo scambiereste
quasi per un galantuomo. Vive alla giornata, triste o lieto secondo le
circostanze. Il suo primo pensiero, quando si alza al mattino, è di
sapere dove andrà a pranzare; dopo pranzo si domanda dove fare la
cena. Anche la notte ha il suo problema: egli allora raggiunge a piedi
una piccola soffitta dove abita, a meno che la padrona, stanca di
aspettare il fitto, non si sia fatta restituire la chiave; oppure si
caccia in una taverna dei sobborghi e là aspetta il giorno davanti a
un pezzo di pane e a un boccale di birra. Quando non ha nemmeno
sei soldi in tasca, il che talvolta gli accade, ricorre a qualche
vetturino suo amico, o al cocchiere di un gran signore, che gli dà un
letto sulla paglia, accanto ai cavalli: al mattino ha ancora parte del
suo materasso nei capelli. Se la stagione è mite, passeggia tutta la
notte su e giù per il Corso o per i Campi Elisi. Ricompare col giorno
in città, vestito dalla vigilia per l'indomani, e talora dall'indomani
per il resto della settimana. Io non ho stima di siffatti originali;
altri entrano con loro in rapporti di familiarità e perfino di
amicizia; ma quanto a me, fermano la mia attenzione una volta
all'anno, quando li incontro, perché il loro carattere si stacca da
quello degli altri, ed essi rompono la noiosa uniformità che la nostra
educazione, le nostre convenienze sociali, le nostre abitudini hanno
introdotto. Se ne capita uno in qualche compagnia, è come un
granello di lievito che fermenta e che restituisce a ciascuno una
parte della sua individualità naturale. Scuote, agita, fa approvare o
biasimare, fa uscire la verità, fa riconoscere le persone perbene,
smaschera i furfanti: allora l'uomo di buon senso ascolta e giudica
la gente.
Conoscevo costui da gran tempo. Frequentava una casa della quale il
suo talento gli aveva aperto la porta. Vi era una figlia unica, e al
padre e alla madre egli giurava che l'avrebbe sposata. Essi alzavano
le spalle, gli ridevano sul naso, gli dicevano che era matto, eppure io
vidi il giorno in cui la cosa avvenne davvero. Mi chiedeva in prestito
qualche scudo, e io glielo davo. Si era introdotto, non so come, in
alcune case di gente perbene, ove aveva il suo posto a tavola, a
condizione che non parlasse senza prima averne il permesso.
Taceva, dunque, e mangiava furiosamente; era magnifico a vedersi
in questi frangenti. Se gli veniva desiderio di rompere il patto, e
apriva la bocca, alla prima parola tutti gli invitati esclamavano:
"Rameau!". Allora la collera scintillava nei suoi occhi ed egli si
rimetteva a mangiare più rabbiosamente. Eravate curiosi di
conoscere il nome dell'uomo, e ora lo conoscete. E' il nipote di quel
celebre musicista che ci ha liberati dal canto di chiesa del Lulli che
noi salmodiavamo da più di cento anni, che nei suoi scritti ha
esposto tante visioni inintelligibili e verità apocalittiche sulla teoria
della musica, di cui né lui né nessuno ha mai capito nulla, e del quale
ancora restano un certo numero di opere che contengono armonie,
spunti di canto, idee scucite, fracasso, voli, trionfi, lance, glorie,
sussurri, vittorie da restar senza fiato, arie di danza che
rimarranno eterne. Egli ha sepolto il maestro fiorentino ma poi a
sua volta sarà sepolto dai virtuosi italiani, cosa che presagiva, e che
lo rendeva malinconico, nervoso, triste, insocievole; perché nessuno
ha tanto cattivo umore, neppure una bella donna che si sveglia con
un foruncolo sul naso, quanto un autore che minaccia di
sopravvivere alla sua fama, testimoni Marivaux e Crébillon figlio.

°°°

...  Un après-dîner, j’étais là, regardant beaucoup, parlant peu, et écoutant le moins que je pouvais; lorsque je fus abordé par un des plus bizarres personnages de ce pays où Dieu n’en a pas laissé manquer. C’est un composé de hauteur et de bassesse, de bon sens et de déraison.
Il faut que les notions de l’honnête et du déshonnête soient bien étrangement brouillées dans sa tête; car il montre ce que la nature lui a donné de bonnes qualités, sans ostentation, et ce qu’il en a reçu de mauvaises, sans pudeur. Au reste il est doué d’une organisation forte, d’une chaleur d’imagination singulière, et d’une vigueur de poumons peu commune. Si vous le rencontrez jamais et que son originalité ne vous arrête pas; ou vous mettrez vos doigts dans vos oreilles, ou vous vous enfuirez. Dieux, quels terribles poumons. Rien ne dissemble plus de lui que lui-même. Quelquefois, il est maigre et hâve, comme un malade au dernier degré de la consomption; on compterait ses dents à travers ses joues. On dirait qu’il a passé plusieurs jours sans manger, ou qu’il sort de la Trappe. Le mois suivant, il est gras et replet, comme s’il n’avait pas quitté la table d’un financier, ou qu’il eût été renfermé dans un couvent de Bernardins. Aujourd’hui, en linge sale, en culotte déchirée, couvert de lambeaux, presque sans souliers, il va la tête basse, il se dérobe, on serait tenté de l’appeler, pour lui donner l’aumône. Demain, poudré, chaussé, frisé, bien vêtu, il marche la tête haute, il se montre et vous le prendriez au peu prés pour un honnête homme. Il vit au jour la journée. Triste ou gai, selon les circonstances. Son premier soin, le matin, quand il est levé, est de savoir où il dînera; après dîner, il pense où il ira souper. La nuit amène aussi son inquiétude. Ou il regagne, à pied, un petit grenier qu’il habite, à moins que l’hôtesse ennuyée d’attendre son loyer, ne lui en ait redemandé la clef; ou il se rabat dans une taverne du faubourg où il attend le jour, entre un morceau de pain et un pot de bière.
Quand il n’a pas six sols dans sa poche, ce qui lui arrive quelquefois, il a recours soit à un fiacre de ses amis, soit au cocher d’un grand seigneur qui lui donne un lit sur de la paille, à côté de ses chevaux. Le matin, il a encore une partie de son matelas dans ses cheveux. Si la saison est douce, il arpente toute la nuit, le Cours ou les Champs-Élysées. Il reparaît avec le jour, à la ville, habillé de la veille pour le lendemain, et du lendemain quelquefois pour le reste de la semaine. Je n’estime pas ces originaux-là. D’autres en font leurs connaissances familières, même leurs amis. Ils m’arrêtent une fois l’an, quand je les rencontre, parce que leur caractère tranche avec celui des autres, et qu’ils rompent cette fastidieuse uniformité que notre éducation, nos conventions de société, nos bienséances d’usage ont introduite. S’il en paraît un dans une compagnie; c’est un grain de levain qui fermente qui restitue à chacun une portion de son individualité naturelle. Il secoue, il agite; il fait approuver ou blâmer; il fait sortir la vérité; il fait connaître les gens de bien; il démasque les coquins; c’est alors que l’homme de bon sens écoute, et démêle son monde. Je connaissais celui-ci de longue main. Il fréquentait dans une maison dont son talent lui avait ouvert la porte. Il y avait une fille unique. Il jurait au père et à la mère qu’il épouserait leur fille. Ceux-ci haussaient les épaules, lui riaient au nez ; lui disaient qu’il était fou, et je vis le moment que la chose était faite. Il m’empruntait quelques écus que je lui donnais. Il s’était introduit, je ne sais comment, dans quelques maisons honnêtes, où il avait son couvert, mais à la condition qu’il ne parlerait pas, sans en avoir obtenu la permission.
Il se taisait, et mangeait de rage. Il était excellent à voir dans cette contrainte. S’il lui prenait envie de manquer au traité, et qu’il ouvrit la bouche ; au premier mot, tous les convives s’écriaient, ô Rameau! Alors la fureur étincelait dans ses yeux, et il se remettait à manger avec plus de rage. Vous étiez curieux de savoir le nom de l’homme, et vous le savez. C’est le neveu de ce musicien célèbre qui nous a délivrés du plain-chant de Lulli que nous psalmodions depuis plus de cent ans; qui a tant écrit de visions inintelligibles et de vérités apocalyptiques sur la théorie de la musique, où ni lui ni personne n’entendit jamais rien, et de qui nous avons un certain nombre d’opéras où il y a de l’harmonie, des bouts de chants, des idées décousues, du fracas, des vols, des triomphes, des lances, des gloires, des murmures, des victoires à perte d’haleine; des airs de danse qui dureront éternellement, et qui, après avoir enterré le Florentin sera enterré par les virtuoses italiens, ce qu’il pressentait et le rendait sombre, triste, hargneux; car personne n’a autant d’humeur, pas même une jolie femme qui se lève avec un bouton sur le nez, qu’un auteur menacé de survivre à sa réputation; témoins Marivaux et Crébillon le fils.

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