sabato 31 gennaio 2015

La fine ingloriosa della ditta

Claudia Mancina














La candidatura di Mattarella al Colle è stata salutata con entusiasmo dalla minoranza Pd, perché segna una rottura, o almeno una sospensione, del patto del Nazareno. Tuttavia questa candidatura segna anche una netta e forse definitiva sconfitta della "ditta". Arriva infatti dopo l'esclusione di tutti gli ex-segretari Ds e più in generale di tutti gli esponenti provenienti da quell'area. Come dire che, finita l'era di Napolitano, che ha portato al Quirinale il meglio della tradizione comunista, non ci saranno più persone di quella provenienza nelle principali posizioni istituzionali. E' un passaggio che merita di essere sottolineato. Guardiamo un attimo indietro. Fino a Renzi, nel centrosinistra era in qualche modo scontato che la leadership appartenesse agli ex-comunisti. Non solo per una questione di numeri; anche per la pretesa di questi di essere loro, e solo loro, i portatori della moderna cultura politica della sinistra. Gli altri gruppi, anche i cattolici democratici (Popolari, poi Margherita), erano guardati con aria di superiorità. Da un lato se ne aveva bisogno per acquistare legittimazione a governare; dall'altro si tenevano fermamente le distanze. Così nel 1996 il Pds non candidò il suo segretario D'Alema, ma il cattolico di sinistra Prodi, dando vita all'esperienza dell'Ulivo. Il Pds però non volle mai farne un nuovo soggetto politico, nel quale le diverse tradizioni del centrosinistra potessero mescolarsi, e si impegnò invece a impedire la crescita dell'Ulivo, per la quale i collegi uninominali della legge Mattarella avrebbero offerto un ideale terreno di coltura. La conseguenza fu l'indebolimento progressivo del governo Prodi e la delusione di moltissimi elettori e simpatizzanti che erano stati attratti dalla novità politica dell'Ulivo. Fu perduta allora un'occasione storica irripetibile. Si rinunciò a costruire qualcosa di nuovo e il maggior partito della sinistra perse credibilità e capacità espansiva. I dirigenti ex-comunisti, che hanno sempre detenuto la leadership effettiva, sono responsabili del fallimento di quella stagione e di tutte le successive sconfitte del centrosinistra. Sono responsabili del deperimento del partito, soffocato dagli antagonismi interni ma anche dall'incapacità di tutti gli ex-comunisti (con l'eccezione di Veltroni, che però non è riuscito a incidere) di avviare una vera trasformazione della cultura politica, che si è sviluppata in modo confuso e contraddittorio, con un tessuto di fondo fatto di sopravvivenze della vecchia cultura comunista e sporadici innesti liberali o blairiani. Certo, non sono mancate anche responsabilità degli ex-democristiani; ma erano gli altri ad avere il volante in mano, e quindi oggi ricade su di loro il giudizio della storia.
L'avvento di Renzi alla segreteria del partito, conquistata con primarie non preconfezionate ma autentiche e combattute, ha segnato la fine della lunga vicenda dell'ex-Pci. Non può stupire che il segretario abbia scelto Mattarella; non solo, crediamo, per un presunto veto di Berlusconi agli ex-segretari, ma per una sua estraneità di fondo a quel gruppo dirigente della "ditta" che somiglia troppo a un nido di vipere. Mattarella non è solo una persona per bene e un politico di fine intelligenza, come sa chi lo ha frequentato. E' anche, tra tutti gli ex-democristiani, il più aperto alla modernizzazione del nostro sistema democratico, in quanto autore della legge elettorale maggioritaria che porta il suo nome e che molti rimpiangono. E' dunque la fine della sinistra ex-comunista? In un certo senso sì. Del resto, le frequenti denunce di mutazioni genetiche del Pd segnalano questo timore; non a caso Renzi viene visto come un alieno, un invasore, e la sua leadership viene continuamente contestata. Ma chi interpreta questo passaggio come una vittoria democristiana si sbaglia. Se ci si pensa, è assurdo che, a otto anni dalla nascita del Pd e a venti dalla nascita dell'Ulivo, ancora si distingua tra comunisti e democristiani. In un nuovo soggetto politico le vecchie identità dovrebbero mescolarsi. Non si dovrebbe più sentire il bisogno di sottolineare le provenienze. Perché quel che conta è dove si sta e dove si va, insieme. La sconfitta di oggi può essere il suggello di una nuova e più felice stagione.

P.S. Auguri Presidente!

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