I promessi sposi
capitolo 1
Questa specie, ora del tutto perduta, era allora
floridissima in Lombardia, e già molto antica. Chi non ne avesse
idea, ecco alcuni squarci autentici, che potranno darne una bastante
de’ suoi caratteri principali, degli sforzi fatti per ispegnerla, e
della sua dura e rigogliosa vitalità. Fino dall’otto aprile
dell’anno 1583, l’Illustrissimo ed Eccellentissimo signor don
Carlo d’Aragon, Principe di Castelvetrano, Duca di Terranuova,
Marchese d’Avola, Conte di Burgeto, grande Ammiraglio, e gran
Contestabile di Sicilia, Governatore di Milano e Capitan Generale di
Sua Maestà Cattolica in Italia, pienamente informato della
intollerabile miseria in che è vivuta e vive questa città di
Milano, per cagione dei bravi e vagabondi, pubblica un bando contro
di essi. Dichiara e diffinisce tutti coloro essere compresi in questo
bando, e doversi ritenere bravi e vagabondi... i quali, essendo
forestieri o del paese, non hanno esercizio alcuno, od avendolo, non
lo fanno... ma, senza salario, o pur con esso, s’appoggiano a
qualche cavaliere o gentiluomo, officiale o mercante... per fargli
spalle e favore, o veramente, come si può presumere, per tendere
insidie ad altri... A tutti costoro ordina che, nel termine di giorni
sei, abbiano a sgomberare il paese, intima la galera a’renitenti, e
dà a tutti gli ufiziali della giustizia le più stranamente ampie e
indefinite facoltà, per l’esecuzione dell’ordine. Ma, nell’anno
seguente, il 12 aprile, scorgendo il detto signore, che questa Città
è tuttavia piena di detti bravi... tornati a vivere come prima
vivevano, non punto mutato il costume loro, né scemato il numero, dà
fuori un’altra grida, ancor più vigorosa e notabile, nella quale,
tra l’altre ordinazioni, prescrive: Che qualsivoglia persona, così
di questa Città, come forestiera, che per due testimonj consterà
esser tenuto, e comunemente riputato per bravo, et aver tal nome,
ancorché non si verifichi aver fatto delitto alcuno... per questa
sola riputazione di bravo, senza altri indizj, possa dai detti
giudici e da ognuno di loro esser posto alla corda et al tormento,
per processo informativo... et ancorché non confessi delitto alcuno,
tuttavia sia mandato alla galea, per detto triennio, per la sola
opinione e nome di bravo, come di sopra. Tutto ciò, e il di più che
si tralascia, perché Sua Eccellenza è risoluta di voler essere
obbedita da ognuno. All’udir parole d’un tanto signore, così
gagliarde e sicure, e accompagnate da tali ordini, viene una gran
voglia di credere che, al solo rimbombo di esse, tutti i bravi siano
scomparsi per sempre. Ma la testimonianza d’un signore non meno
autorevole, né meno dotato di nomi, ci obbliga a credere tutto il
contrario. È questi l’Illustrissimo ed Eccellentissimo Signor Juan
Fernandez de Velasco, Contestabile di Castiglia, Cameriero maggiore
di Sua Maestà, Duca della Città di Frias, Conte di Haro e
Castelnovo, Signore della Casa di Velasco, e di quella delli sette
Infanti di Lara, Governatore dello Stato di Milano, etc. Il 5 giugno
dell’anno 1593, pienamente informato anche lui di quanto danno e
rovine sieno... i bravi e vagabondi, e del pessimo effetto che tal
sorta di gente, fa contra il ben pubblico, et in delusione della
giustizia, intima loro di nuovo che, nel termine di giorni sei,
abbiano a sbrattare il paese, ripetendo a un dipresso le prescrizioni
e le minacce medesime del suo predecessore. Il 23 maggio poi
dell’anno 1598, informato, con non poco dispiacere dell’animo
suo, che... ogni dì più in questa Città e Stato va crescendo il
numero di questi tali (bravi e vagabondi), né di loro, giorno e
notte, altro si sente che ferite appostatamente date, omicidii e
ruberie et ogni altra qualità di delitti, ai quali si rendono più
facili, confidati essi bravi d’essere aiutati dai capi e fautori
loro,... prescrive di nuovo gli stessi rimedi, accrescendo la dose,
come s’usa nelle malattie ostinate. Ognuno dunque, conchiude poi,
onninamente si guardi di contravvenire in parte alcuna alla grida
presente, perché, in luogo di provare la clemenza di Sua Eccellenza,
proverà il rigore, e l’ira sua... essendo risoluta e determinata
che questa sia l’ultima e perentoria monizione. Non fu però di
questo parere l’Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor
Don Pietro Enriquez de Acevedo, Conte di Fuentes, Capitano, e
Governatore dello Stato di Milano; non fu di questo parere, e per
buone ragioni. Pienamente informato della miseria in che vive questa
Città e Stato per cagione del gran numero di bravi che in esso
abbonda... e risoluto di totalmente estirpare seme tanto pernizioso,
dà fuori, il 5 decembre 1600, una nuova grida piena anch’essa di
severissime comminazioni, con fermo proponimento che, con ogni
rigore, e senza speranza di remissione, siano onninamente eseguite.
Convien credere però che non ci si mettesse con tutta quella buona
voglia che sapeva impiegare nell’ordir cabale, e nel suscitar
nemici al suo gran nemico Enrico IV; giacché, per questa parte, la
storia attesta come riuscisse ad armare contro quel re il duca di
Savoia, a cui fece perder più d’una città; come riuscisse a far
congiurare il duca di Biron, a cui fece perder la testa; ma, per ciò
che riguarda quel seme tanto pernizioso de’ bravi, certo è che
esso continuava a germogliare, il 22 settembre dell’anno 1612. In
quel giorno l’Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor
Don Giovanni de Mendozza, Marchese de la Hynojosa, Gentiluomo etc.,
Governatore etc., pensò seriamente ad estirparlo. A quest’effetto,
spedì a Pandolfo e Marco Tullio Malatesti, stampatori regii
camerali, la solita grida, corretta ed accresciuta, perché la
stampassero ad esterminio de’ bravi. Ma questi vissero ancora per
ricevere, il 24 decembre dell’anno 1618, gli stessi e più forti
colpi dall’Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor Don
Gomez Suarez de Figueroa, Duca di Feria, etc., Governatore etc. Però,
non essendo essi morti neppur di quelli, l’Illustrissimo ed
Eccellentissimo Signore, il Signor Gonzalo Fernandez di Cordova,
sotto il cui governo accadde la passeggiata di don Abbondio, s’era
trovato costretto a ricorreggere e ripubblicare la solita grida
contro i bravi, il giorno 5 ottobre del 1627, cioè un anno, un mese
e due giorni prima di quel memorabile avvenimento. Ne fu questa
l’ultima pubblicazione; ma noi delle posteriori non crediamo dover
far menzione, come di cosa che esce dal periodo della nostra storia.
Ne accenneremo soltanto una del 13 febbraio dell’anno 1632, nella
quale l’Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, el Duque de
Feria, per la seconda volta governatore, ci avvisa che le maggiori
sceleraggini procedono da quelli che chiamano bravi. Questo basta ad
assicurarci che, nel tempo di cui noi trattiamo, c’era de’bravi
tuttavia.
Nessun commento:
Posta un commento