martedì 5 maggio 2015

La correttezza politica del Manifesto

Chi chiede il rispetto per le scritte memorabili e lascia balenare il richiamo a precedenti imbarazzanti potrebbe interrogarsi sullo svolgimento della manifestazione. Se non lo fa, si prepari a ingoiare altri rospi. Le amare sorprese per gli allegri contestatori potrebbero moltiplicarsi in futuro. Per cambiare il mondo bisognerebbe prima cercare di capirlo. Altrimenti il mondo mantiene senza difficoltà la sua andatura più normale. Che è fatta anche di aspirazioni alla sicurezza da parte dei cittadini comuni.

Luca Fazio
La gauche Mastrolindo ripulisce Milano
il manifesto, 5 maggio 2015

... Al netto di pre­ce­denti sto­rici fuori luogo, la mar­cia dei 40 mila del 1980, quella sugli Champs Ely­seés del 1968, è chiaro che que­sta è un’altra maz­zata per chi non può stare né con l’unica oppo­si­zione esi­stente con­tem­plata dalla post poli­tica (riot inof­fen­sivi per il potere) né con il “par­tito della nazione” che è sceso in piazza per ripu­lire il dis­senso. Non solo il blocco nero ma anche le ragioni di chi con­te­sta. Forse incon­sa­pe­vol­mente, forse mosso da quello spi­rito civico ambro­siano che pur­troppo non si palesa spesso sulla scena pub­blica. O forse per­ché fuor­viato da una nar­ra­zione tele­vi­siva ridon­dante e fun­zio­nale a tenere alta la ten­sione (l’audience).

La domanda è: dav­vero non c’è qual­cosa che non va in quella mar­cia degli “angeli” col Cif ammo­nia­cal in mano? L’apologia del “blocco nero” è stata ridi­co­liz­zata dal famoso video del “pirla” incap­puc­ciato che ha goduto guar­dando spac­care qua e là. Bene. Però, in que­ste ore, cir­cola un video dove una ragazza viene aggre­dita (ver­bal­mente), insul­tata e poi inse­guita fino in metro­po­li­tana. La cir­con­dano, la insul­tano, non la lasciano par­lare. “Stronza”. Chie­deva per­ché mai in altre occa­sioni (cor­ru­zione, mafia, scan­dali) la “società civile” non si era dimo­strata altret­tanto solerte. “Prendi la spu­gna e vai a lavo­rare”, un grido ripe­tuto all’infinito. Una scena par­ziale ma auten­tica e penosa. La giunta aran­cione, e poli­ti­ca­mente è un merito, così facendo forse ha rubato la scena a Mat­teo Sal­vini che ieri si è ritro­vato in piazza cir­con­dato da quat­tro gatti e otto fasci­sti. Bravi. Ma con i sen­ti­menti della gau­che Mastro­lindo che a buon mer­cato si spac­cia per “l’angelo del fango” prima o poi biso­gnerà fare i conti. Anche pic­coli som­messi pen­sieri. I muri da sem­pre par­lano e non è stato bello vedere il nome di Carlo Giu­liani can­cel­lato con tanto zelo da ven­tenni incon­sa­pe­voli con la felpa della Nazio­nale. E, comun­que, la scritta “Expo uguale cemento” non è un lascito dei brutti e cattivi.

Se ne può ripar­lare tra “noi”, o va bene così? Para­dos­sal­mente, ma sem­pre e solo nelle chiac­chiere fra amici, la ripu­li­tura dei muri ha risve­gliato una sorta di orgo­gliosa incaz­za­tura tra chi in que­ste ore è rima­sto senza voce. C’è chi si è stu­pito dopo aver abboc­cato al richiamo della piazza, altri che per dovere (espo­nenti poli­tici) se la riven­di­cano pur sot­to­li­neando che biso­gna pren­dere le distanze da certo livore. Altri sono più netti: “Ope­ra­zione poli­tica ver­go­gnosa”. L’analisi più schietta l’ha postata Pre­ca­rious Ano­ny­mous su Mila­noX: “Il giorno dopo, con Pisa­pia che arrin­gava la folla dalla pen­si­lina di Cadorna, bran­dendo scopa e paletta, l’altra Milano è apparsa. Quella del potere, quella con­for­mi­sta, quella con­ser­va­trice. Età media: 50 anni. Tutti col lavoro e un busi­ness da difen­dere. Chi avrebbe voluto lin­ciare i ven­tenni era lo stesso che li paga 500 euro al mese. Pisa­pia per non chiu­dere la sua espe­rienza su una nota fal­li­men­tare ha esal­tato l’orgoglio bor­ghese della città spe­rando di sot­trarlo alla destra, e così facendo ha dimo­strato di quale classe fac­cia parte”. Un punto di vista. Non iso­lato, ma non pre­pon­de­rante se con­fron­tato con le con­si­de­ra­zioni di quella cari­ca­tura di mag­gio­ranza silen­ziosa che si sente “di sini­stra” e che si ritrova a suo agio con il Cif in mano, senza troppo ragio­nare su un’operazione ambi­gua al punto da evo­care pre­ce­denti imbarazzanti.

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