giovedì 21 dicembre 2017

Così parlò Calabresi

 

 

Le argomentazioni di Calabresi ruotano intorno all'immagine della sottosegretaria. Non di questo soltanto si tratta. La vicenda di Banca Etruria ha procurato un danno a numerosi risparmiatori. La gestione è stata catastrofica, sono state compiute scelte dissennate per le sorti dell'istituto creditizio e dannose per la clientela. Non c'è stato un semplice incidente di percorso dovuto alla cattiva sorte. Qualcuno è stato responsabile della banca al tempo delle malversazioni. Sarà stato anche giusto tentare con aiuti esterni di salvare la baracca dal crack, ma al crack come si è arrivati? Il Pd renziano sembra deciso a trascurare la questione. 

Repubblica chiede al PD di non ricandidare Boschi, Il Post, 21 dicembre 2012



Il direttore di Repubblica Mario Calabresi ha scritto oggi un editoriale molto critico sul caso Banca Etruria chiedendo alla sottosegretaria Maria Elena Boschi di «farsi da parte» dal Partito Democratico «e dalle sue candidature», perché «sta diventando un fardello troppo pesante».
Ieri la Commissione parlamentare bicamerale di indagine sulle banche ha raccolto la testimonianza di Federico Ghizzoni, ex presidente di Unicredit. Ghizzoni ha raccontato di alcuni contatti legati a Banca Etruria che ebbe con Boschi e con Marco Carrai, imprenditore e stretto collaboratore del segretario del PD Matteo Renzi, negando però che questi gli abbiano fatto delle «pressioni» perché intervenisse nella crisi di Banca Etruria. Qui è raccontata la storia per intero.
Calabresi inizia il suo editoriale spiegando che un anno fa Repubblica commentò la nascita del governo Gentiloni criticando la scelta di promuovere Maria Elena Boschi, principale autrice della riforma costituzionale bocciata al referendum, che avrebbe invece dovuto farsi da parte, secondo lui. «Riconfermarla, scrivemmo, era “una scelta evitabile che rafforza diffidenze, gonfia il qualunquismo e lascia un retrogusto di furbizia e immaturità”». A quel tempo la scelta «sarebbe stata dettata dalla sola opportunità politica» e «avrebbe evitato un finale come quello che è davanti ai nostri occhi». Un anno dopo, dice infatti Calabresi, «la situazione è ben più complicata e grave, le ombre sul cosiddetto Giglio magico si sono moltiplicate e l’affare Etruria è diventato la palla al piede di un partito che appare ostaggio del caso di una piccola banca meno rilevante di quelli avvenuti nel Nord-Est».
Calabresi scrive che «l’uscita di scena di Boschi, non dal governo ma dal Partito democratico e dalle sue candidature, è ora il passo necessario e indispensabile per provare a contenere i danni e per mostrare ai propri elettori di aver compreso la differenza tra interesse generale e interesse familiare». Calabresi cita Marco Carrai («che di Matteo Renzi è da sempre non solo l’uomo di fiducia ma anche una specie di gemello siamese») e spiega che a Maria Elena Boschi continua a sfuggire «il concetto dell’opportunità e contemporaneamente quello del conflitto d’interessi»:
«La vicenda Boschi va esaminata su due piani, diversi ma connessi. È comprensibile, perfino fisiologico, che un politico si occupi del territorio in cui viene eletto. Cura gli interessi dei suoi elettori, è deputato a fare questo. Del resto, le crisi bancarie in Italia sono sempre state risolte attraverso fusioni e acquisizioni. È stata la linea seguita da tutte le nostre Istituzioni.
Per la sottosegretaria, però, non è in discussione questo piano. Ma l’altro. Non è accettabile che un ministro della Repubblica si occupi di una questione che fa riferimento diretto al padre. Il rapporto di parentela con l’allora vicepresidente di Banca Etruria è il nucleo di un conflitto di interessi che sarebbe censurato in qualsiasi democrazia occidentale. Le regole morali e politiche del conflitto di interessi non possono funzionare a giorni alterni o a governi alterni. Questo è il cuore del problema, non se siano stati commessi illeciti. Di cui nessuno è a conoscenza. E questa ostinazione mostra quel grumo di potere locale da cui, evidentemente, la sottosegretaria non riesce a prendere le distanze».
Calabresi spiega che il PD «non può farsi carico di questa situazione», che Maria Elena Boschi «sta diventando un fardello troppo pesante per la principale forza riformista di questo Paese» e che lei stessa «dovrebbe con responsabilità liberare da questo peso il partito che le ha consentito di approdare in Parlamento e al governo».
Il direttore di Repubblica conclude l’editoriale parlando di Renzi e del PD. E dice:
«(…) Il segretario [dovrebbe] accettare l’idea che il bene del Paese e del Pd vengono prima della difesa di un componente del suo gruppo dirigente. A meno di non voler avallare l’idea che il vertice del Partito democratico possa liberamente essere sovrapposto al fantomatico Giglio magico.
Perché in discussione non c’è solo l’esito delle imminenti elezioni, già piuttosto incerte. Il Pd deve porre ora le premesse per assicurarsi la possibilità di rimanere competitivo nei prossimi anni. Il centrosinistra affronta stavolta la partita più difficile. La posta in gioco non è la vittoria o la sconfitta — questo appartiene alla fisiologia di una democrazia — ma che rimanga in vita la prospettiva di un moderno centrosinistra capace di governare i processi e le sfide di questo millennio. E per provare a invertire la rotta e risalire la china ci vogliono gesti netti e chiari, non sterili rivendicazioni che ipotecano il futuro».
Questa mattina, intervistato su TGcom24, Matteo Renzi ha risposto indirettamente all’editoriale di Calabresi dicendo che «un politico si fa giudicare dai cittadini: quindi saranno le elezioni a giudicare se qualsiasi politico, non soltanto Maria Elena Boschi debba essere riportato in Parlamento oppure no. Quindi per noi questa è una discussione che non esiste». E ancora: «Vorrei che la campagna elettorale fosse sui contenuti. Condivido le parole che il ministro Boschi ha detto oggi sulla Stampa, dove ha parlato di “caccia alla donna” e ha confermato di volersi candidare».

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